Laureata a pieni voti in Giurisprudenza presso l'università di Bologna, l'avvocato Laura Lecchi ha fondato il proprio studio legale nel quale sin dal 1999 si occupa di temi come IT Law, Privacy e Diritto Sanitario, risultando tra i primi professionisti in Italia a operare negli specifici settori. Da oltre 20 anni è relatrice in eventi nazionali per la divulgazione e formazione nell'area del diritto digitale e sanitario. Inoltre, è autrice di alcune pubblicazioni in materia di IT Law.
Negli anni l'avvocato Lecchi ha affiancato numerose aziende che hanno deciso di procedere alla trasformazione digitale 4.0, nonché - in qualità di consulente - strutture sanitarie e Ordini Professionali Sanitari. Di recente collabora inoltre con due enti, l'Aias (Associazione Italiana Assistenza Spastici) a Bologna, a sostegno dei servizi per i disabili, e AAATE (Association for the Advancement of Assistive Technology in Europa), che si preoccupa di affrontare gli aspetti etici e legali delle tecnologie progettate a supporto alle disabilità.
La conoscenza del Diritto Sanitario, sommata all'esperienza ventennale maturata sul campo, ci ha spinto a intervistarla per capire meglio come la materia legale influenzi l'attività medicale di cliniche specializzate, ospedali privati o accreditati al pubblico e le attività di marketing delle stesse, nonché la promozione dei dispositivi medici.
Sono titolare e fondatrice dello Studio Legale Lecchi, fondato nel 1999. Mi occupo di IT LAW, privacy e Diritto Sanitario, anche coniugando le varie discipline come accade nell'e-health.
La gestione del rischio da anni ha cominciato a essere sentita come una vera e propria esigenza: il bisogno di costruire quella che io definisco una Clinical Governance è ormai una necessità irrinunciabile. Questo non solo per risultare compliant nei confronti di normative complesse come il GDPR, ma anche per scongiurare e limitare i rischi derivanti dall'attività sanitaria e dunque discendenti dalla contestazione di fattispecie di colpa clinica.
Dopo il 2018 tutte le cliniche si sono dovute adeguare al GDPR, ma purtroppo spesso - molto spesso - hanno adottato modalità solo apparentemente efficaci a rispondere alle prescrizioni normative. Questo accade perché lo scenario offre consulenti improvvisati, o solo superficialmente impreparati, che trasformano quello che è un modus operandi da generare e applicare nella sterile compilazione di documenti che restano carta con scarsa corrispondenza alla realtà.
Inoltre è gravemente trascurata la formazione, l'unica capace di conferire consapevolezza al personale sanitario e non, nonché in grado di provvedere alla costruzione di una sensibilità nuova che tenga conto dei pericoli e dei mezzi che prevede il digitale e la società 4.0. Pertanto il percorso per considerare compliant e dunque conformi alle norme in materia di protezione dei dati personali è ancora molto lungo. Molte cliniche, ad esempio, non sanno di non essere a norma.
La conoscenza della gestione della promozione delle attività che riguardano l'aspetto sanitario è ancora più scarsa, posto che tradizionalmente solo negli ultimi 10 anni cliniche e strutture hanno sentito il bisogno di propagandare le proprie prestazioni. Anche in questo ambito c'è poca conoscenza della materia e dei criteri e le norme da osservare.
Quanto al mercato estero, a livello UE dal 2014 esiste una normativa che è in grado di esportare le prestazioni sanitarie nazionali, incluso l'acquisto dei dispositivi medici, sfruttando la logica della mobilità del paziente europeo. Tuttavia si è trasformata in una occasione perduta: la legge c'è, ma non la si conosce. Un vero peccato, perché i progetti di questo tipo, se sviluppati attraverso la digitalizzazione, costituirebbero un drive importante per accrescere la produttività del mercato sanitario.
È importante, se accompagnato da un adeguamento serio e completo, per promuovere in modo moderno e professionale l'attività sanitaria della Struttura o del professionista che intende non rimanere indietro in un settore con un potenziale mai in decrescita.
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